sabato 3 dicembre 2016

14 - La Scultura Rinascimentale - Donatello (1386 - 1466)

Come nell'arte greca, la scultura assume caratteri completamente autonomi dall'architettura, dalla quale è isolata attraverso nicchie, cornici, piedistalli.
La formazione degli scultori avviene quasi sempre nelle botteghe degli orafi dove si apprendono le nozioni di disegno, moderazione e lavorazione di materiali diversi.

I caratteri fondamentali sono:
- l'osservazione dal vero e il conseguente realismo
- l'interesse per l'uomo e quindi lo studio della figura umana, in particolare lo studio dell'   anatomia e dei movimenti del corpo


DONATELLO (Firenze, 1386 - 1466)
Il "padre" della scultura rinascimentale è considerato Donato de' Bardi, meglio noto come Donatello. 
Le sue qualità gli consentono di avere un ruolo di eccezionale rilievo nella storia dell'arte occidentale. Donatello infatti andò ben al di là degli esiti raggiunti dalla riscoperta del classico della scultura gotica, per lui il rapporto con la statuaria antica era ben più profondo. Fu un recupero totale in quanto riprese dall'arte antica tecniche, modi, simboli, iconologie e valori. In più, per Donatello la statuaria antica costituì un notevole aiuto nello studio dell'anatomia umana, che raggiunse con lui livelli di realismo sconosciuti dall'arte antica in poi. Il Rinascimento di Donatello si fondò più sul naturalismo che sul calcolo e sulla razionalità (come accadeva invece per Brunelleschi).
Di origini modestissime inizia il suo apprendistato con Ghiberti, con Brunelleschi compie un viaggio a Roma che sarà fondamentale per la sua formazione, ha la possibilità di ammirare la scultura classica ellenistica e romana, e gli aspetti decorativi e trionfali della scultura tardo-antica.
Lavoratore instancabile e attento, di carattere schivo e modesto nonostante la fama raggiunta.
Con lui la scultura raggiunge risultati irripetibili, il primo a riallacciarsi alla scultura greco-romana e a superarla nel donare ai suoi personaggi un'umanità e un'introspezione psicologica che rimarranno uniche nella storia dell'arte.


S. Giorgio (ca 1436), Firenze - Museo Nazionale del Bargello




Il Profeta Abacuc (1423 - 1425), Firenze - Museo dell'opera del Duomo




David (1440), Firenze - Museo Nazionale del Bargello
















venerdì 18 novembre 2016

13 - Benozzo Gozzoli (1420 - 1497)


Corteo dei Magi, commissionato da Pietro de’ Medici tra il 1459 e il 1462 in una cappella privata di palazzo Medici-Ricciardi.
Occupa le tre pareti della sala principale, al quale si affiancano, sopra le porte delle sagrestiole, gli affreschi con I pastori in attesa dell’annuncio. La narrazione ha inizio fuori dalla stanza, precisamente sopra la porta attraverso cui dal piccolo vestibolo si accede alla cappella.
Il viaggio parte da Gerusalemme, che Benozzo ha forse dipinto riferendosi ai paesaggi toscani e si dispiega in direzione di Betlemme. 
I Magi, che occupano ognuno una parete del vano principale, sono rappresentati secondo la tradizione: Gasparre è il più giovane, in abito bianco, Baldassarre, con abito verde, è l’uomo dalla pelle scura in età matura, Melchiorre, in rosso, è il più anziano in testa al corteo. In questa nobile sfilata sono stati riconosciuti molti ritratti di personaggi illustri dell’epoca legati alla famiglia Medici e, in particolare, di coloro che avevano partecipato al Concilio tra la Chiesa bizantina e quella latina svoltosi a Firenze nel 1439. 
Perciò nella parete est dove compare Gasparre - forse un ritratto ideale dell’ancora giovanissimo Lorenzo il Magnifico - seguito dal padre Piero e dal nonno Cosimo, sono raffigurati Sigismondo Malatesta e Galeazzo Maria Sforza, signori rispettivamente di Rimini e di Milano. Dietro di loro un corteo di filosofi, oltre allo stesso Benozzo che qui eternò il proprio ritratto, riconoscibile dal tipico berretto rosso.
Nella parete sud Melchiorre che cavalca una mula bianca, secondo la tradizione iconografica dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme, raffigura Giuseppe II, patriarca di Costantinopoli. 
Infine nella parete ovest, si può riconoscere, in Baldassarre, l'imperatore Giovanni VIII di Bisanzio.
Nella complessità delle scene si riconosce la raffinatezza della tecnica esecutiva di Benozzo: la pittura prevalentemente a buon fresco è integrata con alcuni dettagli eseguiti a secco che hanno consentito al pittore di lavorare con cura meticolosa i preziosi gioielli, i sontuosi tessuti, le bardature dei cavalli ma anche gli alberi carichi di frutta, i prati con fiori, il variopinto piumaggio degli uccelli, e le ali multicolori degli angeli. Per produrre tale effetto di magnificenza, l’artista utilizzò materiali rari e costosi, quali il lapislazzuli destinato ai fondali azzurri, le lacche lucenti e le foglie di oro puro che brillavano al buio, nella penombra delle candele.

Una caratteristica insolita dal punto di vista iconografico è nel fatto che il corteo non arriva alla mangiatoia. L'adorazione di Gesù Bambino è stata infatti riservata agli osservatori presenti in sala, i quali portano le loro preghiere di fronte all’altare dove è collocato il dipinto eseguito dalla bottega di Filippo Lippi. Il soggetto raffigurato è la Vergine col Bambino, Dio Padre e lo Spirito Santo, (Santissima Trinità).

Parete ovest


Parete sud



Parete est



       
  Pastori



Angeli in volo (sx)



Angeli in volo (dx)








venerdì 11 novembre 2016

12 - Masaccio -Tommaso Cassai (San Giovanni Valdarno, 21 dicembre 1401 – Roma, estate 1428)

Sant’Anna Metterza (Madonna col Bambino e S. Anna), 1424 circa. Tempera su tavola.

Troviamo in questo dipinto la stessa forza espressa nelle opere di Giotto, la stessa ricerca di spazio e volume, lo stesso utilizzo del chiaroscuro: il Rinascimento è iniziato.


Nel 1940 lo storico d’arte Longhi vi riconobbe due mani diverse, attribuendo l’opera a Masaccio e Masolino: al primo spettano la Madonna, il Bambino e l’angelo reggicortina a destra, al secondo S. Anna e gli altri angeli.
Inizia qui la collaborazione tra il giovane Masaccio, di circa 23 anni, e il più anziano maestro, uniti da un rapporto professionale e di amicizia.
La Madonna e il Bambino formano una struttura piramidale, stabile e solida; il forte chiaroscuro, ottenuto con la luce proveniente da sinistra, fa emergere le figure dal dipinto come fossero rilievi; il gesto mai rappresentato prima delle mani della Madonna che tengono le gambe del bambino, in modo tenero ma stabile; il bambino nudo, anche questa una novità, in cui si mette l’accento sulla sua natura umana; il volto bello e vero della Madonna, una fisionomia reale presa dalla vita quotidiana, la sua espressione concentrata e consapevole. 
Tutti elementi che attraggono l’attenzione mettendo in secondo piano il resto.
Il panneggio del mantello della Vergine è in debito evidente con la Madonna di Ognissanti di Giotto, con la stessa forma e una tecnica simile, confermata da recenti indagini diagnostiche, basata sulla stesura di più strati di pittura a partire dalle ombreggiature, comune peraltro gran parte della pittura su tavola.
La sant'Anna è legata ancora a un linguaggio più medievale, con una luce diffusa più convenzionale e con un panneggio che cura soprattutto la linea delle pieghe, annullando il volume corporeo e rendendola evanescente.
La luce in Masaccio è molto reale, tanto da arrivare ad oscurare in gran parte il volto del bambino, altro segno inedito che rompe col passato.
L'angelo di Masaccio si distingue dagli altri per l'asse delle spalle leggermente spostato in scorcio, che crea una maggiore profondità facendolo arretrare.





Cappella Brancacci,1423-1425 Chiesa del Carmine, Firenze.




Fu fatta realizzata da Pietro Brancacci, esponente di una delle famiglie più potenti della Firenze di allora.
Un discendente di Pietro, nel 1423, per ricordare il suo avo, diede incarico a Masaccio e a Masolino da Panicale di affrescare questa cappella con storie tratte dalla vita di san Pietro. I lavori furono condotti in collaborazione dai due maestri fino al 1425, anno in cui Masolino partì per l’Ungheria. Masaccio ha lavorato a questi affreschi, senza completarli, fino alla sua morte. I lavori furono poi completati, circa cinquant’anni dopo, da Filippino Lippi.

La cappella subì alterne vicende, soprattutto nel XVIII secolo, quando venne demolita la volta a crociera e conseguentemente alcuni affreschi di Masaccio, e quando, pochi anni dopo, un incendio annerì e danneggiò parzialmente gli affreschi superstiti. Con i restauri realizzati negli ultimi anni del decennio Ottanta, gli affreschi hanno ritrovato la loro cromia originale e si presentano oggi molto più leggibili e godibili.

Guarigione dello zoppo - Resurrezione di Tabita

Il tributo

San Pietro che risana con l'ombra



                           Masolino                                             Masaccio



 
                              Filippino Lippi

















venerdì 14 ottobre 2016

11 - G. C. Argan - Il concorso del 1401


Il Concorso del 1401 

Il secolo si apre, a Firenze, con una gara tra scultori: si bandisce il concorso per la seconda porta bronzea del battistero (la prima di Andrea Pisano era del 1336). Vi partecipano, con maestri già famosi come Jacopo della Quercia, due scultori poco più che ventenni: LORENZO GHIBERTI e FILIPPO BRUNELLESCHI. I concorrenti dovevano presentare una “storia”, il Sacrificio di Isacco, a rilievo, in una formella o compasso a losanga lobata, come quelli della porta trecentesca. 

Tanto il Ghiberti che il Brunelleschi sono per un ritorno all’antico ed hanno una cultura umanistica e storicistica: tuttavia le loro posizioni divergono. 

Il Ghiberti elenca tutti gli elementi del racconto biblico: Isacco, Abramo, l’ara, l’angelo, l’ariete, i servi, l’asino, la montagna. La sua cultura classica gli suggerisce un riferimento, il sacrificio di Ifigenia, e un’interpretazione allegorica del fatto storico: la rinuncia agli affetti personali per l’obbedienza a un imperativo superiore. Non rappresenta un dramma, ma evoca un antico rito sacrificale. Le figure sono vestite all’antica, la fronte dell’ara ha un fregio classico: sappiamo così che il fatto è accaduto in un tempo remoto e non ha più mordente drammatico. Isacco, in un bell’atto di offerta, ostenta le proporzioni perfette del corpo nudo; Abramo inarca l’alta figura con un movimento garbato. Affinché lo sguardo possa indugiare sulla bellezza dei particolari, la storia ha un tempo rallentato: una lunga cesura cade tra il fatto principale e il secondario, tra la scena del sacrificio e i servi rimasti ai piedi del monte. La segna, tagliando diagonalmente il campo, un’erta cresta di roccia, che agisce anche da schermo riflettente e regola l’illuminazione delle due parti. Questa trasversale coordina anche due orbite di moto: la lunga curva falcata di Abramo e quella opposta più breve ed inversa, del collo dell’asino. Questi ritmi di moto trovano un’eco nelle curve della cornice: il movimento non si concentra in un’azione, si dissipa nello spazio luminoso. L’azione è ancora sospesa: Abramo non ha vibrato il colpo, l’angelo è lontano nel cielo, Isacco non è atterrito, l’ariete è sul monte. 

La storia del Brunelleschi dura molto meno. Gli atti delle figure sono simultanei, formano un unico moto imperniato sul forte risalto del corpo di Isacco. Le forze si scontrano: tutta la massa protesa del corpo di Abramo spinge la mano ad affondare la lama, l’altra mano rovescia brutalmente all’indietro la testa della vittima scoprendo la gola indifesa. Il busto di Isacco si flette sotto la spinta, ma nelle gambe è già un accenno di resistenza e di reazione. L’angelo piomba dal cielo: la sua figura è una traiettoria tesa, che termina nella mano che afferra il polso di Abramo. Con l’altra indica l’ariete riluttante. L’urto di tre volontà in contrasto si concentra nel nodo delle teste e delle mani al vertice di un triangolo che rompe il ritmo ripetuto delle curve della cornice. La base è formata dai servi e dall’asino: ma la loro estraneità all’azione l’intensifica ancor più: il dramma parte da zero e subito è al colmo. 

Il Ghiberti descrive lo spazio in un succedersi di piani e di episodi; il Brunelleschi lo costruisce con la simultaneità dei moti, l’equilibrio dinamico del loro contrapporsi. 
Quale dei due scultori è più naturale? 
Il Ghiberti. Cerca di proporzionare paesaggio e figure; studia le sfaldature della roccia e le fronde degli alberi, fa scorrere la luce lungo i piani e i risalti, incanala l’ombra nei solchi della forma. Il Brunelleschi, del paesaggio, vede poco o nulla: una scheggia di roccia lontana e convenzionale, un albero che dovrebbe essere distante e al cui tronco, invece, aderisce un lembo del mantello di Abramo sbattuto dal vento. 
Quale è più studioso dell’antico? 
Il Ghiberti. Evoca costumi antichi, inserisce ornati classici, ritrova, chi sa come, il gusto pittorico e perfino la cadenza poetica dei rilievi ellenistici. Il Brunelleschi si limita a citare, in un servo, il motivo classico del giovane che si toglie la spina dal piede. 
Quale è più “moderno”? 
Non è facile dirlo. Il Ghiberti non è certo un sostenitore dei ritmi melodici del tardo-gotico: elimina le cadenze leziose, i particolari inutili, ma le onde ritmiche di curve, la luminosità effusa, il gusto decorativo della composizione guidata dalla cornice sono ancora motivi di un’estetica tardo-gotica. Il rilievo del Brunelleschi è in duro contrasto con tutta 
quell’estetica; e si richiama invece, direttamente, a Giovanni Pisano. Il richiamo è quasi testuale nel gesto dell’angelo, nell’asino, nell’arcaismo ostentato dello spunto paesistico. Quale è più rivoluzionario? 
Il Brunelleschi, senza dubbio. Lo spazio del Ghiberti è uno spazio naturale in cui accade un certo fatto. Il Brunelleschi elimina lo spazio naturale, fa il vuoto; nel vuoto costruisce uno spazio nuovo con i corpi, i gesti, l’azione delle persone. Del nuovo spazio definirà, pochi anni dopo, la struttura, e sarà la prospettiva; ma l’intuizione prima è già in questo rilievo. Non sarà lo spettacolo naturale, sia pure più meditato, più misurato, più “obiettivamente” inteso. Sarà uno spazio non-naturale, di fatti più che di cose, pensato come la dimensione dell’agire storico. […] 


G.C. Argan, Storia dell’arte italiana, Sansoni. 

lunedì 10 ottobre 2016

7 - Firenze nel Rinascimento


Il rinnovamento urbanistico di Firenze nel '400 si struttura attorno alla costruzione di EDIFICI MONUMENTALI che non hanno una visione urbanistica unitaria, in questo contesto l'artista più rappresentativo fu Filippo Brunelleschi che tentò una riorganizzazione della città sia dal punto di vista funzionale che da quello di vista estetico

 1 - Cupola di S. Maria del Fiore
 2 - Spedale degli Innocenti
 3 - San Lorenzo
 5 - Basilica di Santo Spirito
 6 - Santa Maria degli Angeli
 8 - Facciata di Santa Maria Novella
 9 - Palazzo Rucellai
11 - Palazzo Medici
13 - Palazzo Strozzi

6 - Filippo Brunelleschi (1377 - 1446)

Inizialmente lavora come scultore e argentiere. Mette a punto lo studio della prospettiva ed elabora una metodologia che permette la misurazione e la rappresentazione dello spazio. Focalizza e mette a fuoco una nuova figura, l'ARCHITETTO: sovrintende e coordina i lavori di un'opera architettonica che egli stesso ha progettato nel suo complesso.

Il singolo elemento architettonico assume importanza nello sviluppo della città e non va quindi visto come costruzione isolata.

IL NUOVO SPAZIO URBANO
LO SPEDALE DEGLI INNOCENTI (1419)
è un fronte urbano di oltre 71 metri ottenuto con calcoli di allineamento molto precisi, il prospetto è costruito attorno alla struttura portante e fu il manifesto del Rinascimento fiorentino.





SAGRESTIA VECCHIA (1422) presso l'antica chiesa di S. Lorenzo
Considera questo progetto l'occasione per una verifica didattica ed esemplare, sceglie la pianta centrale definita dal cerchio inscritto in un quadrato che si sviluppa in alzato in cubo a cui sovrappone la cupola a semisfera.



                                              


CAPPELLA PAZZI (1430) presso la Basilica di Santa Croce
La planimetria ha un'impostazione modulare che tende alla croce greca e insieme alle proporzioni dell'alzato ci testimoniano l'intento di realizzare uno spazio simmetrico e la capacità di saper ricondurre alla regola l'eccezione.








5 - Leon Battista Alberti (1404 - 1472) - Santa Maria Novella



4 - Misura e proporzione - Leonardo - L'uomo Vitruviano


3 - Pompei - Affreschi



2 - Pompei - Affreschi





1 - Masaccio - La Trinità